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Un po' del mio tempo lo dedico a te

Gabriele Quarta - 1° premio produzione letteraria
46,23,44,2,21

46,23,44,2,21... no, non sto dando i numeri, né ho intenzione di giocare al lotto o fare una puntata alla roulette! Sono numeri che non hanno un valore cabalistico pur essendo altrettanto importanti poiché riguardano da vicino ognuno di noi, il nostro corpo, i nostri tessuti, le nostre cellule, i loro nuclei: rappresentano il nostro essere uomini, la nostra vita, ciò che siamo stati, ciò che siamo e ciò che saremo.

46 è infatti il numero di cromosomi presenti nelle nostre cellule, portatori del nostro patrimonio genetico, traccia dei nostri avi e eredità da lasciare ai nostri figli. Proprio in quanto esseri umani le cellule somatiche del nostro corpo (eccezion fatta quindi per i gameti) hanno un corredo diploide, cioè formato da 23 coppie di cromosomi omologhi. In realtà solo 44 cromosomi sono accoppiati in modo analogo sia nei maschi che nelle femmine, i cosiddetti autosomi, i 2 rimanenti sono infatti i cromosomi sessuali X e y causa delle differenze tra i due sessi.

Ora è tutto abbastanza chiaro, ma... il numero 21? Un errore di battitura? Purtroppo no, per quasi l'1% dei bambini quel numero indica un cromosoma in eccesso connesso con la nota sindrome di DOWN. Sindrome... che brutta parola, coniata per indicare quel complesso di sintomi e usata per identificare come malate delle persone che ogni giorno vengono "incolpate" di essere nate. Si può veramente schedare come malate e colpevoli persone del tutto innocenti che hanno invece avuto il dono di venire al mondo e di non essere trasformati in un aborto puramente egoistico o deciso in modo azzardato da parte dei loro genitori? Si può rinfacciare ogni giorno a queste persone la loro malattia, il loro essere diversi, quasi un fardello per chi sta loro attorno? NO! Perché, in fondo, non credo che esista alcuna malattia, sono solo considerazioni superficiali dettate da fobia piuttosto che da un ragionamento logico o da un istinto sentimentale.

La "malattia" incute paura e preoccupazione in chi si ritiene "sano" e provoca un tentativo di fuga per evitare un eventuale contagio o alcun coinvolgimento di tipo empatico. Hanno un fisico diverso dal tuo? Beh, allora tutti noi siamo malati in quanto diversi da te! Hanno difficoltà di linguaggio? Molte altre persone soffrono di balbuzie o logorrea, molto spesso provocata da ansia, timidezza e dallo stress quotidiano del tuo mondo! Sono "diversi" da te? lo non credo proprio... aspetta un attimo... forse... ma no, non è possibile! Scusami, avevi ragione tu, riescono proprio a distinguersi da tutti gli altri e a non passare inosservati, sono veramente malati e la loro malattia è anche contagiosa: che cos'è? Il sorriso e la gioia di vivere! Sì, lo so, probabilmente tu sarai vaccinato contro queste malattie, ti rintani nel tuo ufficio, resti imbottigliato nel traffico cittadino o in coda ad uno sportello postale, ma quando stai con loro, ti assicuro, non c'è medicina che tenga!

La loro differenza consiste proprio in questo: riescono a trovare il lato positivo di ogni cosa coinvolgendo anche chi hanno attorno.

Spesso questo viene definito "ritardo mentale", anche se ancora non mi è chiaro il significato dell'espressione: vuol dire che tutti i cervelli si sono dati un appuntamento e che qualcuno è rimasto indietro? Ma, se così fosse, il mio cervello non è partito proprio in quanto non è stato informato da nessuno né dell'ora né della data del ritrovo lasciandomi quindi in una condizione non di ritardo, ma di "partenza mentale". E tu dove stai? Non dirmi che sei già arrivato prima di tutti gli altri!

Sono disabili? E con ciò? Quante persone sono inabili a nuotare, a suonare uno strumento musicale o ad usare il computer? La loro "disabilità" non è differente da queste, ma al tempo stesso permette loro di avere una grande abilità: la capacità di riuscire a esprimere in modo sorprendente il fanciullino pascoliano che è in loro perché, come scrisse il poeta, "egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri e sensi e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire quel particolare puerile che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva. Egli è quello che nella gioia pazza pronunzia, senza pensarci, la parola grave che ci frena". 1

Con questo non voglio dire che rimangono in una condizione di immaturità rispetto alle altre persone, anzi hanno il grandioso vantaggio di poter esprimere liberamente ciò che provano senza porre un freno ai loro sentimenti per timore che questi non corrispondano a quelli degli altri. A causa di questa paura la nostra società si sta appiattendo, oramai i giudizi e i pensieri si stanno uniformando o, per lo meno, perdono quella caratteristica del tutto personale, si tende a far esistere un solo giudizio di massa al quale tutti quelli che vogliono far parte della società devono conformarsi. Loro, no... loro vogliono essere se stessi ed esprimere la propria personalità anche se questo vuol dire andare contro le mode e le tendenze del momento. Il loro animo non vede tutto ciò, non perché abbia problemi alla vista, ma perché tutti questi ostacoli non esistono, sono pure formalità inventate da noi per vivere nella società.

Loro, pur crescendo, riescono ad esprimere benissimo la voce del fanciullino che hanno dentro, il quale cammina a pari passo con l'animo razionale. Pascoli riteneva che il poeta fosse l'unico uomo, in età matura, capace di ascoltare il fanciullino, ma, secondo me, si sbagliava in quanto il poeta, dopo aver posato la sua penna e le sue carte, rientra nella società che lo circonda: la sua è una evasione momentanea, loro, invece, riescono a vedere ben oltre la realtà in qualsiasi momento e a sorridere di fronte ad ogni sventura.

Atteggiamento inopportuno dettato dalla loro ignoranza riguardo a ciò che accade intorno? No, altroché, molti di loro sono consapevoli della situazione in cui si trovano, ma sono i primi a non farne un problema, hanno capito che è inutile lagnarsi della propria condizione, ma è importante vivere serenamente e felicemente perché c'è sempre qualcosa di allegro e ottimistico, basta saper cercare, e loro sono specializzati in questo.

Quando sono con qualcuno di loro cerco di lasciarmi andare alle emozioni e di far fluire i pensieri senza inibizione da parte della ragione: è difficile, soprattutto le prime volte, quando si cerca di parlare e giocare con loro e non si riesce a " vedere con i loro occhi". Noi pensiamo vogliano dirci cose assai complesse e articolate invece si esprimono in modo semplice e diretto.

Quante volte da piccolo ti è capitato di cavalcare una scopa immaginando che fosse un cavallo o di diventare un indiano semplicemente con una piuma tra i capelli? E tu, quante volte hai parlato con le bambole come se fossero animate o giocato con le tue amiche a bere il tè da quelle tazze di plastica inesorabilmente vuote? Quante volte ti è capitato di emozionarti ad una festa di paese mentre passeggiavi tra le bancarelle, desideroso di avere un palloncino o di mangiare dello zucchero filato? Credo ti sarà capitato molto spesso e non c'è niente di male in ciò se non il fatto che oggigiorno le consideri sciocchezze e fantasie da bambini, ma anni fa tu credevi in ciò che facevi. E ora? Non ti ha mai sfiorato il pensiero di indossare una camicia colorata e una cravatta a pois per andare a lavorare o di comprarti un gigantesco lecca-lecca come quelli che da piccolo chiedevi ai tuoi genitori? Cosa penserebbero di te gli altri se attraversassi la strada leccando dello zucchero o se lavorassi ad uno sportello informativo vestito da surfista? Riderebbero di te, ti criticherebbero? E chi se ne frega! È questo quello che ho imparato stando con loro. Loro fanno ciò che desiderano e rimangono stupefatti se qualcuno fa loro presente che il bambolotto è in realtà di plastica e che gli uomini si disprezzano l'un l'altro. Questo perchè hanno un approccio diverso con il prossimo. Noi siamo piuttosto timidi, diffidenti e riservati, mentre loro fanno amicizia con una velocità impressionante e in pochi minuti sai già tutto di loro. Non è mancanza di pudore, ma semplicemente libertà di pensiero al massimo grado di espressione.

Proprio in ragione di ciò Antoine de Saint-Exupery ha dedicato la sua opera "Le petit prince" a Leone Werth (quando era un bambino) perche "tutti i grandi sono stati bambini una volta (Ma pochi di essi se ne ricordano)". 2 Il piccolo principe è come uno di loro, è in grado di vedere nelle semplici cose, riesce a riconoscere il disegno dell'elefante dentro il boa nonostante gli adulti lo paragonino ad un più razionale cappello, e a prendersi cura del disegno di una scatola con tre fori perché là dentro riesce a vedere la sua pecora che dorme e che è ritratta nel modo più realistico possibile, a dispetto delle migliori raffigurazioni o fotografie in quanto frutto incondizionato dell'immaginazione. Ridi? E perché mai? Ah, la scatola non ti sembra una rappresentazione realistica di una pecora, eppure niente può essere più realistico della propria immaginazione. È questo il loro insegnamento da cui possiamo trarre la loro stessa gioia di vivere e di stupire ogni giorno nonostante la sorte li abbia destinati a sopportare difficoltè e sacrifici.

E se, come disse Vico, "gli uomini dapprima sentono senz'avvertire, dappoi avvertiscono con animo perturbato e commoso,.finalmente riflettono con mente pura" .3, loro hanno la grande facoltà di sentire anche nell'ultima fase che, proprio per questo motivo, non sarà mai ultima per il loro animo in quanto il problema dell'uomo è quello di pensare troppo così come ritenuto da Zorba. 4

E se esprimere i propri pensieri, uscire dal conformismo, gioire della vita e ridere di ogni cosa significa essere pazzo o ritardato mentale, se vivere la propria vita vuol dire essere diverso dagli altri, credo di essermi sbagliato e che fin'ora abbia dato veramente i numeri essendo effettivamente diverso da te. Forse sto impazzendo, di sicuro sto riuscendo a far prevalere la mia spontaneità e tutto questo grazie a loro i quali mi hanno insegnato a divertirmi, a vivere la vita spensierato e a comunicare questa allegria a chi mi sta vicino contagiando tutti con il loro perenne sorriso, felici per aver ricevuto un dono bellissimo, quello di vivere mentre noi pensiamo al suicidio, alla violenza, a ferirci ed annientarci l'un l'altro. A questo punto... chi sono i pazzi?


1 Giovanni Pascoli IL FANCIULLINO (A cura di G. Agamben, Feltrinelli, Milano, 1996)

2Antoine de Saint-Exupery IL PICCOLO PRINCIPE (Trad. dal francese di Nini, Bompiani, Bregoli, Bompiani, Milano, 2000)

3 Giambattista Vico PRINCIPI DI SCIENZA NUOVA DINTORNO ALLA COMUNE NATURA DELLE NAZIONI (In Il pensiero di G.B. Vico, a cura di P. Rossi, Loescher, Torino, 1974)

4 Nikos Kazantzakis dal film ZORBA IL GRECO


Chiara Gerardi - 2° premio produzione letteraria
Lourdes 7-13 agosto 2002

Sin da bambina ho avuto una particolare predisposizione al volontariato.

Forse perché me ne hanno sempre parlato come di un nobile gesto di puro amore, un modo per donare completamente se stessi in cambio di... un mondo di gioia e serenità.

Circa a Natale dello scorso anno, il gruppo scout di cui faccio parte ha messo in programma un campo estivo, diverso dal solito, da trascorrere a Lourdes.

All'inizio ero felicissima perché avevo sentito parlare di questa località francese come sede simbolo del misticismo.

Questa gioia ho tenuto stretta nel cuore fino al giorno della mia partenza.

Nei miei diciassette anni di vita avevo già fatto numerose esperienze di servizio a persone malate o sofferenti ma sapevo che Lourdes era un'altra realtà.

Salita sul treno bianco ho messo da parte tutti i frivoli pensieri estivi e già dopo dieci minuti di viaggio c'era una ragazza con un grave ritardo mentale e problemi motori che mi ha chiesto di accompagnarla in bagno.

Mi sono detta:"Chiara ci sei tu e solo tu, tocca proprio a te, non puoi tirarti indietro e farti prendere dalla paura".

E così da quel momento in poi ho compreso che Lourdes è sacrificio.

Ada è stata la prima dei miei nuovi amici e il primo pranzo sul "TRENO BIANCO" è stato con lei... perché ormai voleva che le stessi sempre accanto. .. trentotto ore di viaggio sono tante e così ho pensato, per occupare il tempo, di visitare un pò tutti i vagoni.

Le immagini che avevo davanti erano sempre più differenti: sofferenze e malattie varie si avvicendavano davanti ai miei occhi.

Ad un certo punto quando sono arrivata al vagone del barellato dove sono concentrati i pellegrini con problemi seri, mi sono fermata e ho capito che la mia missione era iniziata, non potevo rimanere inerte ai sorrisi, ai dolci richiami di bambini, ragazze o ragazzi che avevano bisogno di me.

Con molti di loro, dopo le formali presentazioni, ho iniziato a giocare, a scherzare, a sorridere loro ma soprattutto a interagire con il loro "mondo".

È vero che qualsiasi malato è una persona come tante altre ma dall'esperienza che ho avuto posso affermare che egli è dotato di una grande sensibilità e dolcezza, per questo penso che ognuno di loro viva in qualche dimensione che si è costruita permessagli dai suoi limiti mentali e fisici.

II passo più importante forse è stata la prima carezza, il primo bacio che ho dato a uno di loro, la prima soddisfazione quella di vedere tre di loro ridere a crepapelle dopo uno dei miei racconti di vita quotidiana o sentire le confidenze di una ragazza della mia stessa età "innamorata" di molti volontari.

Erano le loro lacrime di gioia, il rispondere al mio sorriso sempre presente con una risata, i loro baci, abbracci a farmi sentire "grande".

A volte provavo una profonda emozione a tal punto di essere costretta a celare le lacrime nella consapevolezza che un volontario a Lourdes debba essere sensibile ma anche molto forte e sicuro.

Arrivata a Lourdes, pensavo di aver sbagliato meta, pensavo che tutto ciò che mi circondava non appartenesse alla realtà che mi era stata descritta perché non c'era un mq in cui non ci fosse un negozio di souvenir, ma quando sono arrivata davanti la grotta... che emozione!

Mi sembrava di essere in una dimensione onirica: la pace e la tranquillità di quel luogo, il silenzio di centinaia di malati e turisti sempre in movimento, come tante formiche, mi aveva tolto le parole, il fiato...

A Lourdes gli ammalati non chiedono di essere guariti (questo è il vero miracolo), ma di riuscire sempre ad amare e ringraziano la Madonna per la forza, il coraggio che hanno e per la loro stessa VITA.

Quante carrozzine ho accompagnato alla grotta, quanti risciò ho trasportato, quante notti in bianco... quanti sacrifici fatti col cuore, gioiosamente.

In nessuno di quei momenti rimpiangevo i giorni trascorsi al mare e le serate con gli amici, la mia nuova grande famiglia mi stava dando l'opportunità di crescere come donna e di trovare quel pizzico di autostima e gioia di vivere che ogni tanto sembra sepolta.

La mia felicità consisteva nel donare e ricevere gioia, nel vedere bambini che hanno mali incurabili e storie tristi alle spalle cercarmi con la loro voce esile per poter giocare con me o discorrere circa i cartoni più belli e famosi che conosco con dovizia di particolari grazie al mio fratellino.

Non so se per trascorrere dieci giorni d'estate a Lourdes sia necessaria una particolare predisposizione al volontariato, so solo che ho cercato di abbracciare la sofferenza dei miei nuovi amici e, come si fa con i migliori, ho scherzato con loro e trascorso momenti indimenticabili.

A volte nella quotidianità mi capita di sentirmi con le mani legate:qui non è Lourdes, la vita è diversa.

Tutto mi manca: la gente, il luogo, i malati, il treno, quel particolare senso di serenità, quell'atmosfera soave, il rumore della sorgente santa, quella pioggia perenne che scende lenta e sottile da mattina fino a tarda sera.

A volte mi estraneo dalla realtà che mi circonda per tornare con la mente a Lourdes, soprattutto quando sono giù di morale perché questa esperienza mi è servita per comprendere quanto ognuno di noi sia importante per la persona che ha accanto, che sia sana o malata, italiana o straniera, vecchia o giovane; devo considerarmi fortunata per i doni che ho ricevuto dalla vita e cioè: l'avere vicino a me persone che mi vogliono bene, la voglia di vivere, la gioia di dedicarsi a chi ha sogno e di donare dosi enormi di AMORE.

Io ci ritornerò perché sento che lì c'è una parte di me che ho lasciato, quella che trova il proprio completamento e appagamento nel lenire con un sorriso e con l'atto concreto, anche solo per poco, le sofferenze del prossimo. Per questo sono pronta a ripartire e quest' anno con qualche consapevolezza in più!


Marilù Miceli - 3° premio ex-aequo produzione letteraria
Principessa o no?

"...Vorrei avere meno giocattoli, meno sussidi e più tempo per fantasticare. Vorrei passeggiare per la città, ma non posso affrontare da sola i rischi della strada.

Il mio mondo è veramente complicato: mangio in fretta fa mattina per andare a scuola, ascolto la mia insegnante perché devo dìventare grande e brava. A casa guardo la TV e rispondo alle domande dì mamma e papà, scherzo con loro, rido e mi diverto. Tutti i grandì si occupano dì me. Sono una bambina fortunata, rispetto a chi vive nella miseria o senza famiglia. Ma mi sento sola.

La mia maestra mi dice che devo sforzarmi dì vivere nella realtà, senza perdere tempo con le favole. La realtà è vera e le favole sono false. La realtà è il traffico, la fretta, l'igiene, le domande dei grandi, le favole sono il regno delle principesse e degli eroi.

La realtà è meglio delle favole, dicono gli adulti. Ma io preferisco le favole al traffico e ai biscotti ai cereali: Nelle favole io sono una principessa, nella realtà una dìversa..."


Alfredo Cardinale - 3° premio ex-aequo produzione letteraria
Soffio di vita

Con il suo passo
ormai stanco
passeggia lento
sulla terra
soffice e amica.
Sfiora con la mano
un fiore
ne ascolta l' essenza.
E a casa
si volta
e mira
il suo ciliegio
che orgoglioso
mostra a tutti
i suoi rossi germogli.
Quanto amore gli ha donato!
lo fissa
e una lacrima
sta per cadere.
Ma improvvisamente
un sussurro
di vento
lo distrae
lo chiama a sè
e dolcemente
con la sua
strana melodia
lo trascina
e lo invita
a ballare
con lui
tra le
verdi distese
di erba
è un ballo
folle
senza meta
è un soffio
di vita
nel mondo.
Poi il vento
lo posa
e come un sogno
tra le stelle va.
Il vecchio è felice!
Ha scoperto che possiede ancora...
LA VITA!


Semrau Surjia - 2° premio produzione artistica

Lavoro realizzato - clicca per immagine più grande


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